Per crescere un bambino ci vuole un villaggio”. È riassunto in questa breve frase lo spirito che ha guidato il progetto RitrovaMenti, partito circa un anno e mezzo fa da un partenariato composto da Il Manto Scs di Cometa, La Stanza Blu, Consultorio La Famiglia, Associazione Insieme Verso Nuovi Orizzonti e Azienda Sociale Comasca e Lariana e La Cometa scs con l’obiettivo di mettere in rete le competenze per intercettare i bisogni sempre più complessi dei minori, a causa dell’epoca in cui viviamo, e salvaguardare il loro benessere psicologico, orientando loro e le famiglie verso i servizi più adeguati presenti sul territorio. 21 mesi in cui la rete di partner ha imparato a conoscersi e a collaborare nell’interesse dei bambini e delle loro famiglie, tanto da decidere di proseguire il lavoro in équipe anche a progetto terminato, continuando ad essere un prezioso servizio per il territorio.
Rientra in questo rinnovato impegno anche la conferenza “Come stai? Io-tu-noi, insieme per crescere”, tenutasi il 16 novembre nell’aula magna dell’Università degli Studi dell’Insubria di Como e apertasi con l’intervento della direttrice de Il Manto, Mirella Ebainetti, che ha presentato brevemente i numeri del progetto: “Vorremmo condividere come dall’idea di progetto, finanziato dalla Fondazione Cariplo, siamo giunti a dar vita ad incontri sul territorio che hanno portato ad attuare lo sviluppo di una rete con 6 membri partner più il servizio di neuropsichiatria infantile territoriale qui presente, ad incontrare 8 associazioni genitori, 2 parrocchie, 3 associazioni di volontariato, 10 scuole di diverso ordine e grado. 500 figure sono state coinvolte attraverso il ciclo di seminari. Si sono tenuti 50 incontri all’interno dell’equipe composta da 9 membri che settimanalmente hanno condiviso le situazioni, prendendo in carico 158 minori con percorsi personalizzati seguendo 118 genitori con percorsi individuali e di gruppo. Infine, 802 bambini e ragazzi sono stati coinvolti nelle scuole con percorsi di formazione e sensibilizzazione. Questi non sono solo numeri ma volti, persone, che attraverso i loro dubbi, problemi, difficoltà, ci hanno condotto a sviluppare la possibilità di un gruppo di lavoro che potesse continuare anche dopo il termine del progetto”.
L’incontro, però, ha avuto soprattutto carattere dialogico. Enti, educatori, operatori e famiglie, infatti, hanno potuto dialogare sull’importanza di crescere insieme i minori, arricchendosi reciprocamente. Un confronto reso possibile anche grazie ai relatori intervenuti in una tavola rotonda che ha caratterizzato la prima parte della conferenza.
La sociologa dell’Università Cattolica di Milano Sara Nanetti ha parlato della potenzialità delle relazioni familiari nella vita della comunità: “La famiglia costruisce legami che consentono di educare e formare un essere umano – ha spiegato – Contemplano reciprocità e dono, codici propri di un legame buono. Essi consentono agli individui di generare non solo per sé ma anche per altri. Oggi non solo i genitori educano i figli, ma succede anche il processo opposto. E i genitori sentono sempre più il bisogno di essere educati da formatori”.
Il neuropsichiatra infantile de la Fondazione IRCCS del Policlinico Ospedale Maggiore Milano, Stefano Benzoni, invece, ha parlato delle esperienze di cura, che devono essere sempre più in collaborazione con le famiglie: “Come esperti di cura dobbiamo impegnarci a marginalità. Farci da parte e mettere al centro i valori delle persone che si rivolgono a noi. Essere curiosi dei loro problemi tanto quanto dei loro punti di forza. Per farlo, serve collaborazione”.
Lo psicologo psicoterapeuta Rosario Montirosso di IRCCS “E. Medea” – Associazione “La Nostra Famiglia” si è concentrato sullo sviluppo dei bambini più piccoli: “Siamo corpi, se li togliamo ai bambini, togliamo una parte importante dello sviluppo. I bambini mediamente fanno 2400 passi. Con o senza giochi. Hanno bisogno di esplorare. Ripristiniamo l’idea che il bimbo è corpo in divenire. Ma centrale anche la relazione: c’è bisogno di un adulto e di interazione precoce, oggi minata dai dispositivi elettronici”.
La tecnologia, lo schermo, è stato oggetto dell’intervento del sacerdote, psicoterapeuta e docente don Giovanni Fasoli: “Il bambino oggi nasce e si sviluppa con due oggetti primari: uno è lo smartphone, salvo poi sentirsi dire dai genitori, quando è un po’ più grande, di metterlo via. E quando noi adulti lo imponiamo ai nostri figli, forse, non abbiamo consapevolezza di ciò che stiamo facendo. Vuol dire chiedere loro di rinunciare a una parte di sé”.
Il fulcro dell’incontro è stato, poi, il racconto del progetto, partito non tanto da quanto fatto, ma dalla condivisione delle esperienze personali, degli insegnamenti che ciascuno dei partner di RitrovaMenti ha tratto dal pensare e agire insieme, per prevenire e contrastare fenomeni dolorosi e complessi che riguardano aspetti materiali e immateriali della vita dei bambini e dei ragazzi. Un “insieme” che, come ricordato dalla psicosociologa Franca Manoukian nella parte introduttiva dell’incontro, corrisponde a “interagire tra posizioni e punti di vista diversi, tra adulti e bambini, tra giovani e vecchi, tra professionisti che hanno competenze specialistiche e genitori che portano vissuti che li preoccupano. Ma anche che di fronte a situazioni difficili è ineludibile cercare di capire con pazienza e fiducia, che cosa sta succedendo, cercando più sguardi. La diversità è ricchezza”.
Un primo grande insegnamento è stato quello dell’importanza dell’ascolto, un elemento fondamentale per conoscere, instaurare un rapporto di fiducia, comprendere. Un ascolto che, come spiegato da Sabina Dal Prà de La Stanza Blu, per essere profondo non può essere solo ascolto delle parole ma degli sguardi, dei silenzi, della mimica e del corpo. “Implica stare, fermarsi, saper attendere, sospendere il giudizio, essere in grado di non correre e stare nel non sapere” ha spiegato, sottolineando come ascoltare sia importante a tutti i livelli: quello del bambino, quello dei genitori e quello degli operatori, in una grande condivisione collettiva.
Ascolto che è strettamente collegato alla comunicazione, concetto di cui ha parlato Sonia Monticelli, direttrice del Consultorio La Famiglia, sottolineandone l’importanza all’interno della famiglia e tra gli operatori della rete. “Non è solamente un passarsi delle informazioni – ha affermato – ma essere corresponsabile di quell’atto intenzionale che è la comunicazione”. Una comunicazione che non è fatta solo di parole, ma anche di non verbale, analogico, esplicito.
La vera rivoluzione di RitrovaMenti è stata, però, la creazione di una rete sociale mobile e dinamica, in grado di intercettare i bisogni e di collaborare per orientare minori e famiglie verso i servizi più adatti, con flessibilità e sviluppo continuo. Ne ha parlato lo psicologo e collaboratore dell’Azienda Sociale Comasca e Lariana Michael Musetti: “La mobilità e la dinamicità di una rete sociale sono essenziali per affrontare le sfide che i nostri ragazzi e le loro famiglie incontrano quotidianamente. E lo è ancor di più per i servizi che intendono offrire loro opportunità di supporto senza però dimenticare quello che è un aspetto chiave: affinché le reti sociali restino mobili e flessibili è necessario che siano costantemente oggetto d’attenzione e manutenzione”.
Un lavoro in rete che ha rappresentato un’esperienza nuova, ma chiave per la riuscita del progetto, come spiegato dalla pedagogista Alessandra Melidonis di Associazione Insieme verso Nuovi Orizzonti. “L’esperienza di ascolto che questa rete ha potuto permettere e generare, ha fatto sì che le famiglie si possano essere sentite più accompagnate, creando una fiducia di rimando nel percorso dei servizi da parte delle famiglie stesse”. Fiducia che, come spiegato da Anna Curtale, psicologa e psicoterapeuta de Il Manto è qualcosa che ha a che fare con la qualità buona della relazione: “Una volta, un bimbo, concludendo una lettera a un nascituro, ha scritto di ricordarsi di restare piccolo, perché gli adulti sono molto tristi. Credo sia importante ricordarsi di mantenere vitalità e gioia, cosicché i bambini possano fidarsi di adulti che sappiano ancora parlare di futuro”.
Patrizia Conti, responsabile della Neuropsichiatria infantile di Asst Lariana, ha concluso sottolineando, invece, l’obiettivo ultimo del progetto, con la prospettiva che l’équipe possa restare unita per continuare a supportare, in futuro, famiglie e scuole: “Si tratta di agire prima, nella prevenzione, e di aiutare il bambino a crescere meglio, partendo dalla comprensione che il suo benessere non riguarda solo l’ambito sanitario, ma tutta la sua vita. Il valore del progetto è questo. Il bambino incontra una rete e ogni membro della rete di supporto – familiare, educativo, sociale – svolge un ruolo cruciale in questo percorso. Per questo è importante dare valore a tutte le prospettive, in modo che le famiglie possano diventare partecipanti attive e consapevoli”.
A impreziosire la conferenza, c’è stato l’intervento dell’attore Lino Guanciale, protagonista in apertura dell’evento di una lettura recitata di un testo tratto dal libro “Il bambino arrabbiato” di Alba Marcoli e, in chiusura, di un brano de “Il fanciullo invisibile” di Luca Chieregato.
Un anno e mezzo, quindi, che ha creato una rete, fatta di ascolto, di dialogo, di rapporti di fiducia e di confronti, fornendo un nuovo servizio al territorio di Como, utile ad accompagnare bambini e ragazzi nelle dure sfide a cui il mondo di oggi mette di fronte, intervenendo al sorgere delle prime situazioni di disagio.
Il servizio rimarrà attivo sul sito www.ritrovamenti.org, a disposizione un form da poter utilizzare per inviare eventuali richieste di sostegno e supporto, oppure scrivendo direttamente alla mail info@ritrovamenti.org
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